Il Genocidio Planetario (parte 3) - Il ruolo dell'ONU
Pubblicato il 10/05/2016
a cura di Alessandro Ricchi (Fondazione Giuseppe Di Bella - ONLUS)
28.04.2016 - I vari Tg nazionali, sia pubblici che privati, hanno ricordato l’evento con “rapidi” servizi, liquidando così la notizia con qualche minuto utile solo a risvegliare la memoria (per un attimo) solo in coloro che allora (1986) erano in grado di comprenderne la portata.
Niente di più.
Un flash !!
Nessun aggiornamento sulla situazione.
Nessun approfondimento (alla faccia dell’informazione….)
E chi è nato più tardi, i nostri giovani ?
Cosa avranno elaborato da queste notizie?
Poco o Niente.
Sembrerebbe, quindi, che oggi sia "tutto a posto", che di quell'episodio possa rimanere solo un "ricordo", che piano piano svanirà nel tempo, neanche buono per farci un film, meno interessante dell'affondamento del Titanic........
Ma l'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità - WHO) cosa ci stà a fare?
Perchè non divulgano le informazioni che sono state raccolte in questi lunghi anni, i dati epidemiologici relativi alle regioni contaminate?
Che dipenda dall'accordo (omertoso) che nel lontano 1959 ha sottoscritto con l'AIEA - Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica? (leggi)
Ma pensate davvero che sia finita?
Yury Bandazhevsky, 59 anni, è stato il primo scienziato in Bielorussia a fondare un istituto per studiare l’impatto di Chernobyl sulla salute umana, in particolare sui bambini, vicino alla città di Gomel, a circa 200 chilometri dal confine con l'Ucraina.
Venne arrestato in Bielorussia nel 1999 e condannato ad otto anni di carcere con l’accusa di aver preso tangenti da parte dei genitori degli alunni che cercavano di fare in modo che i loro figli venissero ammessi all' Università Statale di Medicina a Gomel. Ha sempre negato le accuse.
L’ Accademia Nazionale delle Scienze ed Amnesty International dicono che venne arrestato per aver criticato apertamente le politiche bielorusse di sanità pubblica , conseguenti al disastro nucleare.
E’ stato rilasciato nel 2005 e gli è stata conferita la cittadinanza francese, dopo che le associazioni per i diritti umani avevano portato il suo caso all’attenzione dell' Unione Europea, Gran Bretagna, Francia e Germania. Ora gestisce, fuori Kiev, un centro medico e di riabilitazione dedicato allo studio ed all’assistenza delle vittime di Chernobyl.
Bandazhevsky non ha fatto più ritorno in Bielorussia per paura che la sua famiglia venisse perseguitata o lui arrestato dalle autorità.
Ecco le sue parole, qui di seguito riassunte:
Niente di più.
Un flash !!
Nessun aggiornamento sulla situazione.
Nessun approfondimento (alla faccia dell’informazione….)
E chi è nato più tardi, i nostri giovani ?
Cosa avranno elaborato da queste notizie?
Poco o Niente.
Sembrerebbe, quindi, che oggi sia "tutto a posto", che di quell'episodio possa rimanere solo un "ricordo", che piano piano svanirà nel tempo, neanche buono per farci un film, meno interessante dell'affondamento del Titanic........
Ma l'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità - WHO) cosa ci stà a fare?
Perchè non divulgano le informazioni che sono state raccolte in questi lunghi anni, i dati epidemiologici relativi alle regioni contaminate?
Che dipenda dall'accordo (omertoso) che nel lontano 1959 ha sottoscritto con l'AIEA - Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica? (leggi)
Ma pensate davvero che sia finita?
Yury Bandazhevsky, 59 anni, è stato il primo scienziato in Bielorussia a fondare un istituto per studiare l’impatto di Chernobyl sulla salute umana, in particolare sui bambini, vicino alla città di Gomel, a circa 200 chilometri dal confine con l'Ucraina.
Venne arrestato in Bielorussia nel 1999 e condannato ad otto anni di carcere con l’accusa di aver preso tangenti da parte dei genitori degli alunni che cercavano di fare in modo che i loro figli venissero ammessi all' Università Statale di Medicina a Gomel. Ha sempre negato le accuse.
L’ Accademia Nazionale delle Scienze ed Amnesty International dicono che venne arrestato per aver criticato apertamente le politiche bielorusse di sanità pubblica , conseguenti al disastro nucleare.
E’ stato rilasciato nel 2005 e gli è stata conferita la cittadinanza francese, dopo che le associazioni per i diritti umani avevano portato il suo caso all’attenzione dell' Unione Europea, Gran Bretagna, Francia e Germania. Ora gestisce, fuori Kiev, un centro medico e di riabilitazione dedicato allo studio ed all’assistenza delle vittime di Chernobyl.
Bandazhevsky non ha fatto più ritorno in Bielorussia per paura che la sua famiglia venisse perseguitata o lui arrestato dalle autorità.
Ecco le sue parole, qui di seguito riassunte:
KIEV – Ucraina. “Se siete convinti di ciò che hanno causato le conseguenze di Chernobyl in Ucraina e Bielorussia… bhè vi posso dire che vi state sbagliando. Come posso dire… è solo dopo trent'anni che stiamo iniziando a vedere l’impatto reale dell’incidente.
Possiamo dire con certezza che la Bielorussia è stato il Paese più colpito, in quanto ha subito il maggior fallout radioattivo. Le dosi di radioattività a cui la popolazione è stata esposta erano enormi. Lo osservai già con i miei studenti e colleghi quando sono arrivato a Gomel nel 1990 per organizzare l’Istituto Medico (ora università).
Per prima cosa studiavamo gli effetti delle grandi dosi di radiazioni perché Gomel era situata nell’epicentro di questo elevato livello di contaminazione. Poi abbiamo iniziato a guardare l’accumulo di elementi radioattivi negli organi interni, a basse dosi, nei bambini in particolare.
Avevamo già scoperto una patologia complessa che colpiva il sistema endocrino (che produce gli ormoni), il sistema cardiovascolare e quasi tutti gli organi interni. Questo era un lavoro che non era mai stato fatto in Bielorussia e non ne fu più realizzato uno simile da allora.
Quando sono arrivato in Ucraina, nel 2009, non ho trovato alcuna fonte oggettiva e seria di informazioni sullo stato di salute dei bambini e delle persone che vivono nelle regioni di Ivankov [Sede del Progetto Radinka di ProgettoHumus – Mondo in Cammino] e di Polesskiy (due aree prossime alla zona di Chernobyl). Non c’era alcun interesse. Ora abbiamo esaminato circa 4.000 bambini di seconda generazione e la maggior parte di loro hanno seri problemi al sistema cardiovascolare. Stavo iniziando a vedere la stessa cosa in Bielorussia, prima di partire. Sono particolarmente sorpreso dalle patologie che vedo negli adolescenti, in particolare nei maschi di età compresa tra i 12 e 17anni.
Circa l’80% ha un livello troppo alto di un amminoacido denominato omocisteina, che è un marker riconosciuto di malattie cardiache. Abbiamo trovato gravi modifiche ai livelli ormonali nel 45% dei bambini.
Alcuni scienziati occidentali non sono d’accordo con queste ricerche perché, dicono, non è vi alcun indicatore specifico che possa dimostrare la correlazione dei risultati con l’impatto di Chernobyl. Eppure questi scienziati vengono qui, in piccole spedizioni, ma non possono accedere a tutte le fonti di informazione.
Possiamo dire con certezza che la Bielorussia è stato il Paese più colpito, in quanto ha subito il maggior fallout radioattivo. Le dosi di radioattività a cui la popolazione è stata esposta erano enormi. Lo osservai già con i miei studenti e colleghi quando sono arrivato a Gomel nel 1990 per organizzare l’Istituto Medico (ora università).
Per prima cosa studiavamo gli effetti delle grandi dosi di radiazioni perché Gomel era situata nell’epicentro di questo elevato livello di contaminazione. Poi abbiamo iniziato a guardare l’accumulo di elementi radioattivi negli organi interni, a basse dosi, nei bambini in particolare.
Avevamo già scoperto una patologia complessa che colpiva il sistema endocrino (che produce gli ormoni), il sistema cardiovascolare e quasi tutti gli organi interni. Questo era un lavoro che non era mai stato fatto in Bielorussia e non ne fu più realizzato uno simile da allora.
Quando sono arrivato in Ucraina, nel 2009, non ho trovato alcuna fonte oggettiva e seria di informazioni sullo stato di salute dei bambini e delle persone che vivono nelle regioni di Ivankov [Sede del Progetto Radinka di ProgettoHumus – Mondo in Cammino] e di Polesskiy (due aree prossime alla zona di Chernobyl). Non c’era alcun interesse. Ora abbiamo esaminato circa 4.000 bambini di seconda generazione e la maggior parte di loro hanno seri problemi al sistema cardiovascolare. Stavo iniziando a vedere la stessa cosa in Bielorussia, prima di partire. Sono particolarmente sorpreso dalle patologie che vedo negli adolescenti, in particolare nei maschi di età compresa tra i 12 e 17anni.
Circa l’80% ha un livello troppo alto di un amminoacido denominato omocisteina, che è un marker riconosciuto di malattie cardiache. Abbiamo trovato gravi modifiche ai livelli ormonali nel 45% dei bambini.
Alcuni scienziati occidentali non sono d’accordo con queste ricerche perché, dicono, non è vi alcun indicatore specifico che possa dimostrare la correlazione dei risultati con l’impatto di Chernobyl. Eppure questi scienziati vengono qui, in piccole spedizioni, ma non possono accedere a tutte le fonti di informazione.
Diversi milioni di persone in Ucraina vivono su terreni contaminati da radiazioni, quindi abbiamo bisogno di valutare un gran numero di soggetti. Ma non ci sono progetti che trattano questo. Bisogna vivere tra la gente, qui, per capire veramente cosa sta succedendo, perché il problema è molto complicato.
Ho anche cercato di inviare le persone interessate a questi problemi al cimitero di Ivankov in modo che potessero vedere da sole come tante tombe ospitano morti in età molto giovane. Niente di tutto questo è nelle statistiche ufficiali.
Non ho alcuna informazione obiettiva su quanto sta accadendo ora alla salute dei bambini in Bielorussia. Tutto è chiuso. Il governo dice “tutto a posto, tutto a posto!”.
Ma ho ricevuto molte telefonate da parte di persone di Gomel che mi dicono che alcuni dei bambini che curavo prima di partire sono morti. Erano di diverse età: 6, 12, 14 anni.
Non dimenticherò mai quando apparsi in TV con l’attuale presidente, Lukashenko, e dissi che c’erano problemi molti seri nei bambini a causa delle radiazioni, mentre lui ribadiva: “tutto a posto, tutto a posto!”. Ma adesso non posso tornare o lavorare lì.
Per me, il problema di Chernobyl non è finito... è appena iniziato. Ho molta paura che possa coinvolgere due generazioni a partire da oggi, anche quando non ci saranno più i discendenti della popolazione bielorussa o russa direttamente colpita dal disastro.
Ho molta paura… non voglio che i miei connazionali continuino a soffrire. E’ necessario l’aiuto della Comunità Internazionale con la stessa urgenza con cui si è mobilitata subito dopo l’incidente.
Ho anche cercato di inviare le persone interessate a questi problemi al cimitero di Ivankov in modo che potessero vedere da sole come tante tombe ospitano morti in età molto giovane. Niente di tutto questo è nelle statistiche ufficiali.
Non ho alcuna informazione obiettiva su quanto sta accadendo ora alla salute dei bambini in Bielorussia. Tutto è chiuso. Il governo dice “tutto a posto, tutto a posto!”.
Ma ho ricevuto molte telefonate da parte di persone di Gomel che mi dicono che alcuni dei bambini che curavo prima di partire sono morti. Erano di diverse età: 6, 12, 14 anni.
Non dimenticherò mai quando apparsi in TV con l’attuale presidente, Lukashenko, e dissi che c’erano problemi molti seri nei bambini a causa delle radiazioni, mentre lui ribadiva: “tutto a posto, tutto a posto!”. Ma adesso non posso tornare o lavorare lì.
Per me, il problema di Chernobyl non è finito... è appena iniziato. Ho molta paura che possa coinvolgere due generazioni a partire da oggi, anche quando non ci saranno più i discendenti della popolazione bielorussa o russa direttamente colpita dal disastro.
Ho molta paura… non voglio che i miei connazionali continuino a soffrire. E’ necessario l’aiuto della Comunità Internazionale con la stessa urgenza con cui si è mobilitata subito dopo l’incidente.
28/04/2016 Bielorussia: Trovata radioattività di Chernobyl nel latte
Ai confini della “zona di esclusione di Chernobyl” in Bielorussia, dove la strada è disseminata da cartelli di avvertimento “Stop!Radiazioni”, un produttore di latte offre ai visitatori un bicchiere di latte appena munto. Gli inviati di Associated Press educatamente declinano, ma sottopongono ad esami di laboratorio un campione in bottiglia che conferma contenere livelli di un isotopo radioattivo dieci volte superiori ai limiti di sicurezza alimentari imposti dallo Stato.
Questa constatazione, a trentanni di distanza dal più grave incidente nucleare della storia, il 26 aprile 1986, conferma come l’esplosione del reattore nella vicina Ucraina, continua a contaminare la vita in Bielorussia.
Il governo autoritario di questo Paese, che dipende essenzialmente dal settore agricolo, sembra determinato a risanare queste terre, a lungo inattive, per uso agricolo.
Il contadino, Nikolai Chubenok, con orgoglio, dice che la sua mandria di cinquanta vacche, produce fino a due tonnellate di latte al giorno per l’azienda locale “Milkavita”, il cui formaggio “Parmesan” viene venduto soprattutto in Russia.
I funzionari di Milkavita hanno definito i risultati di laboratorio del campione fatto analizzare da Associated Press, “impossibili”, insistendo sul fatto che i propri test mostrano che la produzione di latte contiene tracce di radioattività ben al di sotto dei limiti di sicurezza.
Eppure il confine lungo la “Riserva Radioecologica di Polesie”, 2200 chilometri quadrati di territorio con un paesaggio fantasma di 470 villaggi evacuati, rivela una Nazione a cui poco interessano quegli isotopi radioattivi che causano il cancro e che ancora si trovano nel terreno.
Gli agricoltori sottolineano l’assenza di mutazioni e di altri vistosi problemi alla salute che possano essere conseguenti alla vecchia e remota storia di Chernobyl.
“Non c’è pericolo. Come si può avere paura delle radiazioni?” dice l’agricoltore Chubenok che dal 2014 ha iniziato a produrre latte nella sua azienda che dista soli 45 chilometri a nord dalla “zona chiusa” di Chernobyl e a due chilometri dal confine di un’area che rimane ancora ufficialmente off-limits dall’insediamento umano.
Chubenok dice che spera di raddoppiare l'estensione dei suoi allevamenti per iniziare a produrre formaggio di fattoria in loco.
ll suo latte è parte della catena di fornitura a Milkavita per produrre formaggio marchiato Polesskye, che viene venduto per il 90% del mercato, in Russia. Il resto è destinato al mercato interno.
La Banca Mondiale identifica la Russia come l’importatore principale di alimentari bielorussi, ovvero il 15% dell’economia di importazione della Federazione.
Dal momento della sua ascesa al potere, nel 1994, il presidente Alexander Lukuashenko – ex direttore di un kolchoz statale – ha fermato i programmi di reinsediamento per le persone che vivono nei pressi della zona di esclusione ed ha messo a punto un piano, a lungo termine, per radere al suolo i villaggi abbandonati ed utilizzare quei territori per le colture ed il bestiame.
Il dopo Chernobyl avrebbe dovuto significare il reinsediamento obbligatorio di 138 mila bielorussi che vivevano nelle zone vicine all’impianto atomico, mentre altri 200 mila avrebbero dovuto lasciare l’area volontariamente.
Uno dei medici più importanti in questo settore che critica l’approccio del governo per la salvaguardia della popolazione dalle conseguenze del fallout di Chernobyl, il Dottor Yuri Bandazhevsky, venne rimosso da direttore di un Istituto di Ricerca bielorusso ed imprigionato nel 2001 con l’accusa di corruzione, che le associazioni per i diritti umani hanno definito come motivazione plitica.
Dopo la liberazione, avvenuta nel 2005, su pressioni della Comunità Internazionale, ha ripreso la sua ricerca sui tumori correlati al disastro di Chernobyl, con il patrocinio dell’Unione Europea.
Bandazhevsky ora opera in Ucraina e dice di non avere alcun dubbio sul fatto che la Bielorussia non riesca a proteggere i suoi cittadini dalle sostanze radioattive nella catena alimentare.
“E’ in corso un ulteriore disastro. In Bielorussia non vi è alcuna protezione della popolazione dall’esposizione alle radiazioni. Al contrario, il governo sta cercando di convincere la gente a non prestare attenzione alle radiazioni; il cibo è prodotto in aree contaminate e venduto in tutti i posti del Paese”.
Il campione di latte sottoposto ad analisi di laboratorio da parte di Associated Press lo conferma.
Il Centro di Igiene e di Epidemiologia Statale di Minsk, ha testato che nel latte è stato trovato stronzio-90, un isotopo radioattivo correlato a tumori e malattie cardiovascolari, in quantità 10 volte superiori a quelli permessi dalle norme di sicurezza alimentare bielorusse.
Il test, come altri che vengono effettuati nel Paese, non sono - però - idonei per verificare la presenza di isotopi radioattivi più pesanti associati al fallout nucleare, come l’americio e varianti del Plutonio.
Il Ministero dell’Agricoltura bielorusso riferisce che i livelli di Stronzio-90 non devono superare i 3.7 becquerel per chilogrammo di cibi e bevande.
Il laboratorio di Minsk ha comunicato ad Associated Press che il campione di latte conteneva 37.5 becquerel. Questo isotopo radioattivo, insieme al Cesio137, é comunemente prodotto durante la fissione nucleare e genera la maggior parte del calore e della radioattività derivante dai rifiuti nucleari.
Se consumato, dicono gli scienziati, lo stronzio-90 simula il comportamento del calcio nel corpo umano e si fissa nelle ossa.
L’ingegnere capo di Milkavita, Maia Fedonchuk, ha respinto in toto i risultati delle analisi.
“E’ impossibile. Facciamo già i nostri test. Ci dev’essere stata una “contaminazione” dei risultati. Noi testiamo campioni di ogni lotto di latte che riceviamo da Chubenok e facciamo analisi approfondite ogni sei mesi. Le analisi del nostro laboratorio mostrano una media presenza di radionuclidi pare a 2.85 becquerel il chilogrammo”, ha detto Fedonchuk.
Ai confini della “zona di esclusione di Chernobyl” in Bielorussia, dove la strada è disseminata da cartelli di avvertimento “Stop!Radiazioni”, un produttore di latte offre ai visitatori un bicchiere di latte appena munto. Gli inviati di Associated Press educatamente declinano, ma sottopongono ad esami di laboratorio un campione in bottiglia che conferma contenere livelli di un isotopo radioattivo dieci volte superiori ai limiti di sicurezza alimentari imposti dallo Stato.
Questa constatazione, a trentanni di distanza dal più grave incidente nucleare della storia, il 26 aprile 1986, conferma come l’esplosione del reattore nella vicina Ucraina, continua a contaminare la vita in Bielorussia.
Il governo autoritario di questo Paese, che dipende essenzialmente dal settore agricolo, sembra determinato a risanare queste terre, a lungo inattive, per uso agricolo.
Il contadino, Nikolai Chubenok, con orgoglio, dice che la sua mandria di cinquanta vacche, produce fino a due tonnellate di latte al giorno per l’azienda locale “Milkavita”, il cui formaggio “Parmesan” viene venduto soprattutto in Russia.
I funzionari di Milkavita hanno definito i risultati di laboratorio del campione fatto analizzare da Associated Press, “impossibili”, insistendo sul fatto che i propri test mostrano che la produzione di latte contiene tracce di radioattività ben al di sotto dei limiti di sicurezza.
Eppure il confine lungo la “Riserva Radioecologica di Polesie”, 2200 chilometri quadrati di territorio con un paesaggio fantasma di 470 villaggi evacuati, rivela una Nazione a cui poco interessano quegli isotopi radioattivi che causano il cancro e che ancora si trovano nel terreno.
Gli agricoltori sottolineano l’assenza di mutazioni e di altri vistosi problemi alla salute che possano essere conseguenti alla vecchia e remota storia di Chernobyl.
“Non c’è pericolo. Come si può avere paura delle radiazioni?” dice l’agricoltore Chubenok che dal 2014 ha iniziato a produrre latte nella sua azienda che dista soli 45 chilometri a nord dalla “zona chiusa” di Chernobyl e a due chilometri dal confine di un’area che rimane ancora ufficialmente off-limits dall’insediamento umano.
Chubenok dice che spera di raddoppiare l'estensione dei suoi allevamenti per iniziare a produrre formaggio di fattoria in loco.
ll suo latte è parte della catena di fornitura a Milkavita per produrre formaggio marchiato Polesskye, che viene venduto per il 90% del mercato, in Russia. Il resto è destinato al mercato interno.
La Banca Mondiale identifica la Russia come l’importatore principale di alimentari bielorussi, ovvero il 15% dell’economia di importazione della Federazione.
Dal momento della sua ascesa al potere, nel 1994, il presidente Alexander Lukuashenko – ex direttore di un kolchoz statale – ha fermato i programmi di reinsediamento per le persone che vivono nei pressi della zona di esclusione ed ha messo a punto un piano, a lungo termine, per radere al suolo i villaggi abbandonati ed utilizzare quei territori per le colture ed il bestiame.
Il dopo Chernobyl avrebbe dovuto significare il reinsediamento obbligatorio di 138 mila bielorussi che vivevano nelle zone vicine all’impianto atomico, mentre altri 200 mila avrebbero dovuto lasciare l’area volontariamente.
Uno dei medici più importanti in questo settore che critica l’approccio del governo per la salvaguardia della popolazione dalle conseguenze del fallout di Chernobyl, il Dottor Yuri Bandazhevsky, venne rimosso da direttore di un Istituto di Ricerca bielorusso ed imprigionato nel 2001 con l’accusa di corruzione, che le associazioni per i diritti umani hanno definito come motivazione plitica.
Dopo la liberazione, avvenuta nel 2005, su pressioni della Comunità Internazionale, ha ripreso la sua ricerca sui tumori correlati al disastro di Chernobyl, con il patrocinio dell’Unione Europea.
Bandazhevsky ora opera in Ucraina e dice di non avere alcun dubbio sul fatto che la Bielorussia non riesca a proteggere i suoi cittadini dalle sostanze radioattive nella catena alimentare.
“E’ in corso un ulteriore disastro. In Bielorussia non vi è alcuna protezione della popolazione dall’esposizione alle radiazioni. Al contrario, il governo sta cercando di convincere la gente a non prestare attenzione alle radiazioni; il cibo è prodotto in aree contaminate e venduto in tutti i posti del Paese”.
Il campione di latte sottoposto ad analisi di laboratorio da parte di Associated Press lo conferma.
Il Centro di Igiene e di Epidemiologia Statale di Minsk, ha testato che nel latte è stato trovato stronzio-90, un isotopo radioattivo correlato a tumori e malattie cardiovascolari, in quantità 10 volte superiori a quelli permessi dalle norme di sicurezza alimentare bielorusse.
Il test, come altri che vengono effettuati nel Paese, non sono - però - idonei per verificare la presenza di isotopi radioattivi più pesanti associati al fallout nucleare, come l’americio e varianti del Plutonio.
Il Ministero dell’Agricoltura bielorusso riferisce che i livelli di Stronzio-90 non devono superare i 3.7 becquerel per chilogrammo di cibi e bevande.
Il laboratorio di Minsk ha comunicato ad Associated Press che il campione di latte conteneva 37.5 becquerel. Questo isotopo radioattivo, insieme al Cesio137, é comunemente prodotto durante la fissione nucleare e genera la maggior parte del calore e della radioattività derivante dai rifiuti nucleari.
Se consumato, dicono gli scienziati, lo stronzio-90 simula il comportamento del calcio nel corpo umano e si fissa nelle ossa.
L’ingegnere capo di Milkavita, Maia Fedonchuk, ha respinto in toto i risultati delle analisi.
“E’ impossibile. Facciamo già i nostri test. Ci dev’essere stata una “contaminazione” dei risultati. Noi testiamo campioni di ogni lotto di latte che riceviamo da Chubenok e facciamo analisi approfondite ogni sei mesi. Le analisi del nostro laboratorio mostrano una media presenza di radionuclidi pare a 2.85 becquerel il chilogrammo”, ha detto Fedonchuk.
Un rappresentante dell’ufficio stampa del Ministero per le Situazioni di Emergenza bielorusso, che ha il compito di occuparsi delle questioni relative alle conseguenze del disastro nucleare, ha detto di non voler commentare i risultati del test di Associated Press.
I funzionari sanitari dicono che il pericolo rappresentato dalla presenza di bassi livelli di isotopi radioattivi dipende molto dalla durata dell’esposizione e dalla fisiologia individuale. In particolare, il blocco regionale di libero scambio comprendente Bielorussia e Russia, permette alti livelli di stronzio-90 negli alimenti fino a 25 becquerel per chilogrammo, limite ancora inferiore rispetto ai valori riscontrati dall’analisi commissionata dall’Agenzia di stampa.
Quindi la questione riguarda l’effettiva capacità delle autorità di identificare i veri livelli di rischio dei prodotti alimentari provenienti dalle aziende agricole che operano al confine della “zona vietata” in Bielorussia.
I funzionari sanitari dicono che il pericolo rappresentato dalla presenza di bassi livelli di isotopi radioattivi dipende molto dalla durata dell’esposizione e dalla fisiologia individuale. In particolare, il blocco regionale di libero scambio comprendente Bielorussia e Russia, permette alti livelli di stronzio-90 negli alimenti fino a 25 becquerel per chilogrammo, limite ancora inferiore rispetto ai valori riscontrati dall’analisi commissionata dall’Agenzia di stampa.
Quindi la questione riguarda l’effettiva capacità delle autorità di identificare i veri livelli di rischio dei prodotti alimentari provenienti dalle aziende agricole che operano al confine della “zona vietata” in Bielorussia.
Il vice direttore dell’Istituto bielorusso di Radiologia, Natalya Timokhina, fa presente che lo Stato permette ai produttori di condurre i monitoraggi sulla sicurezza alimentare in maniera autonoma. Mancano però, il più delle volte, gli strumenti necessari per l’identificazione dell’americio, che si stima essere presente in circa il 2% del territorio bielorusso e che rappresenta un rischio per la salute umana per altri 270 anni.
“L’ingestione casuale di cibo contaminato non è molto pericolosa, ma ciò che preoccupa è l’accumulo di radionuclidi nel corpo”; ha detto Timokhina.
Ausrele Kesminiene, dottoressa nell’unità di ricerca sul cancro dell’OMS, afferma che il consumo di cibo radioattivo causa principalmente lo sviluppo di cancro alla tiroide, una ghiandola nel collo che produce ormoni regolatori. Il cancro alla tiroide non è fatale solo se diagnosticato in tempo.
I funzionari dell’OMS affermano che le loro valutazioni dipendono da rapporti di “agenzie sorelle” sul territorio bielorusso, l’attività delle quali deve sensibilizzare sulle questioni relative al cancro o altri segni irrisolti dell’eredità di Chernobyl.
Gregory Hartl, portavoce dell’OMS a Ginevra, afferma che l’Agenzia delle Nazioni Unite non ha alcuna autorità di regolamentazione o sorveglianza sulla sicurezza alimentare (quindi anche dell’esportazione dei prodotti verso altri Paesi).
“Perché questa è una responsabilità nazionale. Gli effetti delle radiazioni e lo sviluppo di patologie tumorali nella regione sono qualcosa che andrà avanti per un lungo, lungo periodo. Quindi non vediamo la fine di tutto ciò. Senza dubbio ci potrebbe essere un aumento dei casi di cancro. Per il momento non abbiamo ancora ricevuto nessuna “bandiera rossa” dai nostri partner in Bielorussia”, ha dichiarato Hartl.
Gli ambientalisti, sempre critici nei confronti delle politiche ufficiali legate alla liquidazione di Chernobyl in Bielorussia, dicono che il governo non si è mai occupato di approfondire i casi di “corruzione” nel settore alimentare. Di conseguenza, l’intero ciclo di produzione degli alimenti nel Paese non è mai stata sottoposto ad esame per l’eventuale utilizzo di ingredienti contenenti livelli eccessivi di materiali radioattivi.
Irina Sukhiy, fondatrice del gruppo ambientalista bielorusso “Green Network”, dice che nelle aziende alimentari è prassi “miscelare” ingredienti radioattivi con quelli puliti per “diluire” l’impatto di ingredienti potenzialmente radioattivi provenienti soprattutto da fornitori bielorussi che operano lungo il confine con l’Ucraina. Questa presunta attività riduce il livello di isotopi potenzialmente cancerogeni nei prodotti lattiero-caseari e carni lavorate sotto “la dose ammissibile, ma comunque pericolosa per la salute”; ha detto.
La divisione del Ministero bielorusso per le Emergenze, responsabile di liquidare le conseguenze di Chernobyl, comunica che il tasso di cancro alla tiroide nei bambini è 33 volte superiore rispetto al periodo precedente all’esplosione nucleare. Valori più alti riguardano anche l’incidenza di questi tumori negli adulti.
Gli agricoltori che lavorano sia ai confini che all’interno della “zona vietata” dicono di non vedere segni evidenti del pericolo della contaminazione, in quanto sono stati dati loro solamente delle linee guida sulla riduzione del rischio riguardantei l'introduzione degli isotopi radioattivi nella catena alimentare… e non sono preoccupati per questo.
Chubenok, il produttore di latte, dice di non aver mai sentito parlare della sostanza assorbente “Ferocin”, nota come Blu di Prussia, con cui i contadini in Ucraina nutrono il loro bestiame per accelerare la rimozione del Cesio137 nell’apparato digerente.
Un autista di un trattore, in una delle aziende agricole limitrofe - dove un villaggio abbandonato è stato demolito per far posto a campi di grano - dice che non ha mai visto comunicazioni ufficiali riguardante i livelli di radioattività nel terreno. “Non c’è alcun motivo di cui preoccuparsi” afferma, pertanto, l’uomo.
Procedendo in direzione di Chernobyl, i giornalisti di Associated Press sono riusciti ad ottenere il permesso governativo di accesso alla Riserva Radioecologica. All’interno della zona la Bielorussia ha autorizzato l’attività di una fattoria sperimentale che oggi comprende 256 cavalli, 56 mucche e diversi alveari.
Il direttore dell’azienda, Mikhail Kirpichenko, ha detto che gli è permesso perseguire attività commerciali, come quella effettuata lo scorso anno riguardante 100 animali venduti a un produttore bielorusso di kumys, bevanda popolare dell’Europa orientale e dell’Asia centrale ottenuta dalla fermentazione del latte di cavalle.
“Non abbiamo paura delle radiazioni. Siamo già abituati ad esse. I miei cavalli hanno superato i test e sono in buona salute. Non sono mai nati animali con due teste o senza gambe. Non ci sono mutazioni. Questa sindrome di Chernobyl è passata molto tempo fa”; ha detto Kirpichenko.
Irina Sukhiy, fondatrice del gruppo ambientalista bielorusso “Green Network”, dice che nelle aziende alimentari è prassi “miscelare” ingredienti radioattivi con quelli puliti per “diluire” l’impatto di ingredienti potenzialmente radioattivi provenienti soprattutto da fornitori bielorussi che operano lungo il confine con l’Ucraina. Questa presunta attività riduce il livello di isotopi potenzialmente cancerogeni nei prodotti lattiero-caseari e carni lavorate sotto “la dose ammissibile, ma comunque pericolosa per la salute”; ha detto.
La divisione del Ministero bielorusso per le Emergenze, responsabile di liquidare le conseguenze di Chernobyl, comunica che il tasso di cancro alla tiroide nei bambini è 33 volte superiore rispetto al periodo precedente all’esplosione nucleare. Valori più alti riguardano anche l’incidenza di questi tumori negli adulti.
Gli agricoltori che lavorano sia ai confini che all’interno della “zona vietata” dicono di non vedere segni evidenti del pericolo della contaminazione, in quanto sono stati dati loro solamente delle linee guida sulla riduzione del rischio riguardantei l'introduzione degli isotopi radioattivi nella catena alimentare… e non sono preoccupati per questo.
Chubenok, il produttore di latte, dice di non aver mai sentito parlare della sostanza assorbente “Ferocin”, nota come Blu di Prussia, con cui i contadini in Ucraina nutrono il loro bestiame per accelerare la rimozione del Cesio137 nell’apparato digerente.
Un autista di un trattore, in una delle aziende agricole limitrofe - dove un villaggio abbandonato è stato demolito per far posto a campi di grano - dice che non ha mai visto comunicazioni ufficiali riguardante i livelli di radioattività nel terreno. “Non c’è alcun motivo di cui preoccuparsi” afferma, pertanto, l’uomo.
Procedendo in direzione di Chernobyl, i giornalisti di Associated Press sono riusciti ad ottenere il permesso governativo di accesso alla Riserva Radioecologica. All’interno della zona la Bielorussia ha autorizzato l’attività di una fattoria sperimentale che oggi comprende 256 cavalli, 56 mucche e diversi alveari.
Il direttore dell’azienda, Mikhail Kirpichenko, ha detto che gli è permesso perseguire attività commerciali, come quella effettuata lo scorso anno riguardante 100 animali venduti a un produttore bielorusso di kumys, bevanda popolare dell’Europa orientale e dell’Asia centrale ottenuta dalla fermentazione del latte di cavalle.
“Non abbiamo paura delle radiazioni. Siamo già abituati ad esse. I miei cavalli hanno superato i test e sono in buona salute. Non sono mai nati animali con due teste o senza gambe. Non ci sono mutazioni. Questa sindrome di Chernobyl è passata molto tempo fa”; ha detto Kirpichenko.
Una preghiera per Chernobyl
Il racconto di Valentina Panasevich, moglie del liquidatore, ovvero monologo sul bambino che guarda il mondo con gli occhi felici (da “Preghiera per Cernobyl” di Svetlana Aleksievich)
Poco fa ero così felice. Tutto è rimasto in un altro mondo. Non capisco come riesco a vivere. Mi sentivo paralizzata. La mattina mi svegliavo, cercavo di abbracciarlo. Dov’è? C’è il suo cuscino, il suo odore.
Di sera la figlia mi dice che ha finito i compiti. All’istante mi accorgo che ho dei figli. Ma dove è lui? Lo penso finchè non mi addormento………Non piangerò. Ormai ho perso questa capacità………Non mi lascia un’idea strana: ho visto quello che nessuno ha visto prima d’ora………Siamo primi a scoprire qualcosa di terribile.
E’ andato a Cernobyl il giorno del mio compleanno. Faceva da montatore arrampichino. Viaggiava per tutto il paese ed io lo aspettavo sempre. Facevamo una vita da innamorati. Quel giorno erano preoccupate solo le mostre mamme. Noi invece eravamo tranquilli. La sua squadra, sette persone, sono morti tutti. Quando dopo tre anni è morto il primo pensavamo, che magari fosse un caso. Dopo è morto il secondo, il terzo…Ognuno già aspettava il suo turno. Mio marito è morto per ultimo. Era robusto, alto quasi due metri, pesava 90 chili, come si poteva immaginare? Staccavano la luce nei paesi abbandonati…
Ah, quanto ero felice! Era tornato. Era sempre una festa quando tornava. Indossavo una bella camicia da notte che avevo per quest’occasione. Conoscevo ogni angolo del suo corpo. A volte anche sognavo di essere una parte del suo corpo, eravamo indivisibili. Sentivo un dolore fisico quando andava via. Questa volta è tornato con i nodi linfatici sul collo. Li ho sentiti subito appena l’ho baciato. Sona nata per amare. Le mie compagne di scuola facevano progetti per il futuro: iscriversi all’università, partecipare a qualche impresa di Komsomol. Io invece volevo sposarmi ed amare, solo amare come Natascia Rostova in “Guerra e pace”. A nessuno potevo rivelarlo perché allora era lecito pensare solo di qualche impresa di komsomol, di coltivare la Siberia. L’ho conosciuto quando sono andata a lavorare alla centrale telefonica. Sono stata io a dirgli:”Sposami, ti voglio tanto bene!”. Mi sono innamorata da matta, volavo fra le nuvole…
A volte cerco di consolarmi: magari la morte non è la fine, magari lui vive in qualche altro mondo. Leggevo libri e giornali, parlavo con la gente, volevo sapere tutto sulla morte per trovare qualche consolazione… Non posso stare da sola, eravamo indivisibili. Non voleva andare dal medico perché non sentiva nessun dolore. I nodo linfatici aumentavano. Ho insistito. L’hanno mandato subito dall’oncologo. Dopo una settimana è stato operato. Gli hanno tolto completamente la tiroide e la parte di faringe. Ora capisco che questo era ancora un periodo felice… Ho imparato a dargli da mangiare tramite una cannuccia. Non sentiva ormai né odori, né sapori. Andavamo qualche volta al cinema e ci baciavamo lì: così ci sentivamo aggrappati alla vita. Poi un giorno non è più riuscito ad alzarsi dal letto. Avevamo ancora un anno tutto per noi, lui stava sempre peggiorando a vista d’occhio per tutto l’anno. Tutti i suoi colleghi erano già morti. Questo pensiero era insopportabile, nessuno sapeva che cosa vuol dire Cernobyl. Si scriveva tanto su questo argomento, ma siamo stati noi per primi a scoprire l’aspetto più orribile.
Volete sapere come si muore dopo Cernobyl? L’uomo che amavo, così che non avrei potuto amarlo di più neanche se fosse stato mio figlio, si trasformava sotto i miei occhi in un mostro, in un extraterrestre. Gli si è deformato il naso aumentando di circa tre volte. Gli occhi si sono spostati ed hanno assunto un’espressione sconosciuta. Ma questo non mi spaventava. Ero soltanto preoccupata che lui si vedesse così come era. Però insisteva affinché gli portassi uno specchio, me lo scriveva ripetutamente (comunicavamo scrivendo perché egli non riusciva nemmeno a sussurrare). Ma io facevo finta di niente. Dopo tre giorni sono stata costretta a portarglielo. Ci è rimasto male. Cercavo di consolarlo: non ti preoccupare, appena guarirai andremo a stare in qualche paesino abbandonato e ci vivremo noi due da soli. Non lo ingannavo, ero pronta ad andarmene in capo al mondo per lui. Mi confondo, non riesco a parlare.
Avevo 16 anni quando l’ho conosciuto. Aveva 7 anni più di me. Quando andavo all’appuntamento con lui scendevo alla fermata dopo per vedere da lontano che bel ragazzo mi aspettava. Per due anni non me ne accorgevo se era estate o inverno. Quanto ero felice! Non cambierei nulla in vita mia anche se le stelle mi avessero avvertita del mio destino. Il giorno del matrimonio non abbiamo trovato il suo passaporto. “E’ un brutto segno”, -piangeva la mia mamma. Non era amore, piuttosto un lungo innamoramento. Non so se sia lecito parlarne. Ci sono dei misteri, dei segreti. Anche adesso non capisco che cosa fosse. Aveva dei desideri fino all’ultimo mese. Mi chiamava di notte, mi amava più forte di prima. Di giorno quando lo guardavo non riuscivi a credere a ciò che era successo di notte. Non volevamo separarci. Lo sfioravo coccolando, mi ricordavo i momenti più felici della nostra vita. Non voleva morire. Ma cosa potevo offrirgli oltre i farmaci? Quale speranza? Non voleva morire…
Alla mamma non raccontava nulla, non avrebbe capito perché non era un solito tumore, era il tumore di Cernobyl, molto più terribile. I medici mi hanno spiegato: se le metastasi si fossero sviluppate dentro all’organismo sarebbe morto presto. Invece sono uscite tutte fuori. Le formazioni nere hanno coperto il corpo fino alla vita, era sparito il mento, il collo. La lingua uscita fuori, era diventata come una borsetta. Sanguinava perché si rompevano le vene. Gli mettevo sotto un catino. Anche adesso sento quel suono di zampilli di sangue. Non sapevo come aiutarlo. Al pronto soccorso ci conoscevano già e non volevano venire: non possiamo fare nulla per suo marito. Una volta è venuto un medico giovane, appena entrato mi ha detto:”Mia cara, le auguro che lui muoia al più presto” e lui l’ha sentito. Un’altra volta un’infermiera non ce l’ha fatta ad entrare in camera. Ho imparato a fare da me le punture di stupefacenti. Gridava dal dolore, gridava per tutto il giorno. A questo punto ho trovato la soluzione: gli versavo tramite la cannuccia una bottiglia di vodka. Così si assopiva.
Una volta gli ho chiesto:”Ti dispiace che sei andato a Cernobyl?”. Mi ha risposto di no. Ero così felice con lui. Lo guardavo mentre si faceva la barba, mentre mangiava, mentre camminava per strada. Non potevo saziarmi, come se avessi un presentimento che non sarebbe durato a lungo. Non capisco come può piacere il proprio lavoro. A me piaceva soltanto lui. Amavo soltanto lui. Di notte grido nel cuscino per non spaventare i figli.
I parenti mi avevano suggerito di portarlo in un ospedale dove morivano gli ammalati come lui. Anche lui mi supplicava, ha consumato un quaderno per convincermi. Alla fine ho deciso di farlo. Ci sono andata con suo fratello. L’ospedale si trovava in periferia di un paesino. Quando ho visto una grande casa in legno col pozzo rovinato, i servizi fuori, la vecchiette vestite in nero, non sono nemmeno uscita dalla macchina. Gli ho detto: non ti ci porterò mai. Mai!
Hanno telefonato i suoi colleghi, volevano venire a trovarlo. Gli hanno portato un diploma d’onore, una cartella rossa con il profilo di Lenin. Lo guardai e pensai: per cosa muore? I giornali scrivevano che era esploso non solo Cernobyl, ma anche il comunismo. Il profilo sulla cartella è rimasto comunque. I colleghi volevano parlargli. Lui invece si copriva la testa, aveva già paura della gente, accettava solo me.
Le ultime settimane sono state più orribili. L’uomo muore da solo, in solitudine. Durante il funerale gli ho coperto la faccia con un fazzoletto. Una sua amica che mi aveva chiesto di scoprire la faccia è svenuta. Quando è morto nessuno riusciva ad avvicinarsi. I parenti non possono lavare e vestire il defunto. Ho chiamato due impiegati dell’obitorio. Anche loro che ne hanno visto di tutti i colori, mi hanno rivelato che è la prima volta che vedevano questo orrore. Ormai so come moriremo dopo una guerra atomica, dopo Cernobyl. Anche morto era caldo-caldo. Non si poteva toccarlo. Ho fermato l’orologio, erano le sette. Anche oggi è lì fermo, non si riesce a farlo partire. Il meccanico dice che il meccanismo non è rotto, però non funziona più. Mistero.
I primi giorni senza di lui. Avevo sonno, ho dormito per due giorni. Mi alzavo solo per prendere un po’ d’acqua. Prima di morire mi ha scritto:”Fai bruciare il mio corpo, non voglio che tu abbia paura”. Perché ha deciso così? Ho letto che la gente si aggira senza avvicinarsi alle tombe dei vigili del fuoco di Cernobyl morti negli ospedali di Mosca e sepolti nei dintorni, a Mytishi. Non seppelliscono accanto neanche i loro defunti, hanno paura perché nessuno sa cosa è Cernobyl. Ero seduta accanto a lui quando era appena morto. Improvvisamente ho visto una nuvola salire sopra il suo corpo. Era la sua anima. Nessuna l’ha vista, io invece sì. Ho avuto l’impressione che ci siamo rivisti un’altra volta… Chi me l’ha tolto? Per quale diritto? Hanno portato il precetto il 19 di ottobre 1986. Come se fosse la guerra…
Ero felicissima da impazzire. Non so come vivrò. Cosa mi ha salvato? Il nostro figlio. E’ ammalato. E’ già cresciuto, ma guarda il mondo con gli occhi felici di un bambino di 5 anni. Si trova nell’ospedale psichiatrico. Questa era la sentenza dei medici: per sopravvivere deve rimanere sempre lì. Ci vado ogni fine settimana. Mi chiede sempre:”Dove è il papà? Quando verrà?”. Chi altri me lo potrà mai chiedere? L’aspetta. Vivremo insieme con mio figlio. Io reciterò la mia preghiera di Cernobyl e lui guarderà il mondo con gli occhi da bambino…
Un Minuto di Silenzio per Chernobyl:
https://www.youtube.com/watch?v=VIGeJ1aZ2Lk&gl=IT&hl=it
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