Sono anni che pratica il metodo Di Bella, la terapia anti cancro che sul finire degli anni ’90 ha diviso l’Italia e che ora, a distanza di anni, torna a far parlare di sé nel Varesotto. Italo Bongiovanni, è un medico igienista di Varese esperto di fisiologia. Il suo lavoro è stato presentato venerdì sera nella sala Campiotti della Camera di Commercio di Varese durante il dibattito "Evidenze scientifiche e aspetti etici del metodo Di Bella". Bongiovanni ha raccontato l’esperienza di alcuni pazienti curati positivamente con la terapia di Bella e ha illustrato alla platea i presupposti fisiologici del metodo affermando che "la verità come al solito è molto semplice: la terapia di Bella è scritta nella cellula." Alla conferenza è intervenuto anche Giuseppe Di Bella, figlio del medico ideatore della terapia e prosecutore della battaglia per l’affermazione del metodo alternativo alla cura chemioterapica dei tumori. Tra i relatori anche Anna Rabbi, medico omeopatico, che ha ricordato il calore umano e la rigorosità scientifica di Giuseppe Di Bella. L’incontro è stato organizzato dalla sezione varesina dal Circolo "Il 2000", associazione che da tempo si sta impegnando affinché i cittadini della Regione Lombardia che scelgono di curarsi con la terapia Di Bella possano ottenere il rimborso delle spese sanitarie sostenute. La somatostatina, l’inibitore tumorale alla base della terapia, viene a costare mediamente 500 Euro al mese ma la spesa, a secondo della patologia, può raggiungere cifre molto più elevate (si parla di circa 1.400 Euro). I farmaci sono in commercio, ma chi decide di sospendere la cura tradizionale e di sottoporsi al metodo Di Bella non viene rimborsato dal SSN. Ad oggi, solo Lazio, Puglia, Toscana ed Emilia Romagna rimborsano la cura. Dal canto loro le case farmaceutiche non finanziano la ricerca: somatostatina e melatonina sono proteine naturali non brevettabili che, a detta di Giuseppe Di Bella, "non fanno business". Ad ascoltare Giuseppe di Bella c’erano molti medici che hanno preso parte al dibattito finale e diversi pazienti e familiari che hanno portato la loro testimonianza. Dall’oncologia ufficiale non si sono alzate voci. Lo Giudice, esponente della Direzione Generale Sanità della Regione Lombardia, ha invitato le Associazioni di pazienti ad esercitare pressione affinché la cura Di Bella venga riconosciuta dal Sistema Sanitario Nazionale. Il caso Di Bella si aprì nel 1997 sebbene il professore modenese, fin dagli anni ’70, curava i tumori con una cura meno invasiva della chemioterapia basata sull’utilizzo congiunto di alcuni farmaci, tra cui la somatostatina. L’ondata di partecipazione popolare e l’interesse mediatico che ne conseguì provocò anche un interesse da parte del mondo politico tanto che l’allora Ministro della Sanità Rosy Bindi decise di avviare una sperimentazione per testare la reale efficacia della cura. Dopo 16 settimane, la sperimentazione si concluse con esito negativo e sembrò che il caso fosse destinato a sopirsi. In realtà, poco dopo, i sostenitori del professore denunciarono alcune irregolarità commesse durante la sperimentazione e fu avviata un’inchiesta. Ultimamente, il Ministro Sirchia ha annunciato l’istituzione di una nuova commissione per verificare nuovamente l’evidenza scientifica del Metodo Di Bella.